Homo religiosus e religioni nel mondo

Scritto per la rivista NON CREDO n.16, rubrica Disputationes Laiche

Tra i nuovi cardinali creati lo scorso febbraio, due in particolare  non potranno prendere parte al prossimo conclave perché superano l’età massima prevista: uno la supera di molto essendo nato nel 1920 e l’altro di poco essendo nato nel 1928. Evidentemente si è trattato di un riconoscimento alle carriere. Che non è casuale. Il belga Julien Ries è un sacerdote a lungo docente dall’Università di Lovanio  che ha una produzione sterminata alle spalle, sulle cose sacre nelle tante culture del mondo e sul dialogo interreligioso. Il titolo cardinalizio appare un premio ­–­ così insolito data l’età – soprattutto all’attività di Ries sul tema delle religiosità innata della persona umana, che ne ha fatto un vero e proprio fondatore. L’altro, il tedesco Karl Becker, è un teologo gesuita impegnato alla Gregoriana di Roma e alla Congregazione di cui era prefetto Ratzinger, che ha curato un importante volume sull’impegno cattolico con le religioni del mondo. Un vero e proprio manuale di indirizzo sul modo di affrontare il dialogo interreligioso senza rinunciare ai caratteri della Chiesa.

Ries ha sostenuto che, fin dalle incisioni rupestri e dall’antico modo di rapportarsi ai defunti, è esistita una relazione cosciente con l’ultraterreno. E che fin da allora vi è stata una profonda esperienza spirituale e simbolica che si è tradotta nei testi  sacri delle diverse religioni. Al punto da poter ritenere vi sia una sostanziale unità dell’esperienza umana in tale ambito. Che presenta tre costanti, il simbolo, il mito e il rito. Una visione, quella di Ries, particolarmente utile per sostenere che sul terreno della comune aspirazione ancestrale è possibile trovare una convergenza anche tra religioni diverse e dunque fondare la convivenza non su quel che si conosce di nuovo ma sulla riscoperta di quanto è una perenne caratteristica culturale. Sul medesimo punto interviene il volume curato da Becker, sottolineando la Rivelazione universale su cui si articola il mondo cattolico e che costituisce la parola definitiva circa il rapporto con Dio. Perciò il dialogo interreligioso sancito dal Concilio si può svolgere solo al di fuori di prospettive di fusione in un nuovo sistema religioso. L’importante per la Chiesa è superare i conflitti  tra religioni con la preghiera e le opere, così da respingere la tendenza del pluralismo a sminuire il ruolo della Rivelazione e del messaggio di salvezza  insito nella visione cristiana della natura non relativizzabile.

Queste impostazioni appaiono un significativo completamento per le tesi di Benedetto XVI, il quale batte vuoi sulla impossibilità di prescindere dalla religione nella realtà pubblica del mondo, vuoi sul dialogo interreligioso, inteso non quale superamento delle divergenze bensì quale occasione per  collocarle in un quadro di comune aspirazione verso una realtà sovraumana il cui fulcro è la parola di Cristo.

Tali problemi possono incuriosire le persone di cultura. Sotto il profilo civile confermano le ricette laiche. Dal punto di vista laico, l’enfatizzare la figura dell’homo religiosus o delle primordiali aspirazioni religiose, non muta i termini della questione. L’homo religiosus è un’operazione valida solo nel campo degli studi antichi ma è inutilizzabile per incidere migliaia di anni dopo  sulla realtà dei rapporti quotidiani dei cittadini individui. Dal fatto che la religiosità sia connaturata ai primordi delle società, non deriva che possa dirigere i pronipoti. Proprio perché è legata all’ultraterreno e al non sperimentabile, ed invece secoli di vita hanno portato a capire che pretendere di voler conoscere tutto sempre impedisce di conoscere più a fondo, attraverso la sperimentazione, molto di quanto ci circonda. L’esser laici non fa mettere in discussione l’opera del cardinale belga, perché a nessuno è impedito di avere il suo credo religioso e di praticarlo ovunque. L’esser laici non fa neppure mettere in discussione il dialogo interreligioso più o meno mirato alla fusione, perché tollerare l’altro ed interloquire con l’altro costituisce il nocciolo dell’esser laici. L’obbligo dell’esser laici è sostenere la libera coscienza dei diversi individui nella consapevolezza che la pretesa di conoscere la verità fuori del tempo può essere solo un atto di fede. Per questo la neutralità dello Stato, e non la  legislazione religiosa, è la sola strada per garantire a ciascuno la propria libertà, specie in una società dai molti credi e sotto l’evidente profilarsi delle minacce fondamentaliste.

Questa voce è stata pubblicata in ARTICOLI e INTERVISTE (tutti), sul tema Proposte, sul tema Separatismo e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.