L’impegno civile è un obbligo laico

Scritto per la rubrica Disputationes della rivista NON CREDO n.42

 

In Italia, troppo spesso,  i cittadini laici si disinteressano al come si organizza la convivenza e a quali sono le condizioni di vita. Di rado, hanno chiaro che il loro disinteresse confligge radicalmente con l’essere laici. Il nucleo della laicità è esercitare il senso critico individuale nel pensiero e nel comportamento in relazione ai fatti, riconoscere che ognuno è diverso, consentire la piena libertà di religione nel privato e in pubblico. I tre aspetti di questo nucleo non dipendono solo dalle scelte personali. Dipendono dall’esistere di norme per la convivenza funzionali allo stesso nucleo. In Italia  tali norme sono arrivate in ritardo e ancor oggi, per l’antica tradizione e per le recenti suggestioni ideologiche, vengono contrastate da una pervicace resistenza culturale ai principi laici, anche a livello istituzionale.

In simili condizioni, mentre la laicità viene violata di continuo nelle relazioni pubbliche, il mondo laico nel suo complesso sta a guardare, al più denunciando il clima. E non attiva adeguate contromisure di impegno civile. Al momento basti richiamare la scarsa attenzione dei laici all’imperversare sui grandi mezzi di comunicazione – tra cui svetta il corpaccione giornalistico del TG5 – delle notizie concernenti l’Anno Santo della Misericordia. Il diluvio di messaggi cattolici induce nell’utente medio distorsioni religiose (oltretutto privilegiandone una sola) su diversi temi cardine nell’organizzare le relazioni sociali. Qualche esempio.

E’ stato dato grande rilievo all’ammonimento espresso da Francesco al raduno mondiale dei giovani per il Giubileo: non pensare a Gesù nello stare al mondo, sarebbe come togliere il campo ad un cellulare. Una frase che è una tipica manifestazione di un credo, legittima ma non suffragata dall’esperienza. E dunque da non prendere come esempio quando i cittadini riflettono sul governare le loro istituzioni e i loro rapporti. I fatti mostrano che i cellulari funzionano in base al campo,  mentre istituzioni e politica non funzionano in base alle fedi bensì mediante la conoscenza costruita dall’umanità a passo a passo. Senza contare i danni gravissimi causati sempre  dal voler far funzionare le società con la fede. Però, dell’ammonimento di Francesco hanno parlato tutti e i laici non si sono affannati per far conoscere le loro obiezioni in contrario.

Altro esempio. In una celebrazione a Skopje, il segretario di Stato, cardinale Parolin, ha teorizzato che il diritto umanitario, seppure una faticosa conquista europea, non trova più posto nell’Europa che chiude le porte a chi giunge alle sue frontiere per necessità  chiedendo accoglienza. Una teoria con forte eco nel dibattito italiano, al punto da costituirne un aspetto dominante. Si traduce nell’insistita condanna per l’indifferenza europea ai drammi umani, alla dignità delle persone, al bene comune, ai valori spirituali e alla convivenza pacifica.

Anche questa tesi, contrasta nel profondo con i meccanismi civili su cui si è andata costruendo l’Europa. Che non sono affatto quelli del mondialismo conformista della fede imposto dal governo mondiale dei saggi in nome della verità che illude di prescindere da limiti umani e difficoltà. Lo spirito propulsivo dell’Europa è stato e può essere solo la consapevole collaborazione tra diversi nel libero rispetto delle iniziative e dei fatti, a cominciare dalle risorse, che è il terreno adatto, di tipica impronta laica,  per far esprimere la libertà di ogni cittadino.

Purtroppo da tempo tale tesi mondialista religiosa è il ritornello dei mezzi di comunicazione e del Governo Renzi, e reclamizza  una politica sulla immigrazione all’insegna del dover essere buonista che non punta a risolvere i problemi dei cittadini ma a illuderli che il mondo è perfetto e basta sognare. Da qui le scenografiche accuse italiane all’Austria di costruire un muro in Europa impedendo la libertà di circolazione, accuse che dimenticano come la libertà di circolazione UE riguardi i cittadini europei e non  qualsiasi cittadino del mondo (di fatti altri paesi dan man forte all’Austria).

In verità l’approccio mondialista dell’accoglienza indiscriminata corrode il percorso del convivere laico. Per una convivenza migliore, occorre operare di continuo   attraverso politiche realiste legate ai fatti e al momento storico. E, per quanto riguarda i migranti extraeuropei, ciò  vuol dire concordare quote di migrazione responsabile nei vari paesi UE in base a parametri oggettivi e praticabili  ( a cominciare da pil, abitanti e superfici) magari adottando anche fasce di scelta, di tolleranza e di redistribuzione  acquistata a tempo.

Il mondo laico non può accettare che l’Italia continui nella accoglienza indiscriminata (potenziata dai vantaggi dati alle organizzazioni assistenziali quali Caritas) di decine di migliaia di persone, di cui solo il 15% aventi diritto all’asilo. Una pressione demografica che l’Europa non è disposta a sostenere e che in Italia innesca reazioni a sfondo razzista e xenofobo (un ulteriore danno per la convivenza libera). Comunque, se la posizione laica non vien fuori, è come inesistente. Insomma, comportarsi da laici richiede un aperto impegno civile.

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