Il nemico della laicità

Articolo scritto per la rivista NON CREDO n.60

Urge che i laici divengano finalmente consapevoli di chi sia in Italia il loro vero nemico, cioè chi si batte contro l’espandersi della laicità nei rapporti quotidiani. L’atteggiamento anticlericale che continua a serpeggiare tra i laici è ormai, più che obsoleto, dannoso in quanto il vero nemico lo utilizza per dissimularsi e tessere più tranquillo le proprie trame contro il metodo civile laico. La Chiesa resta lontana anni luce dai laici, ma la sua diversità è chiara sui principi e innesca un confronto culturale aperto garantito dalla libertà di religione. Un confronto che dai laici esige determinazione nel sostenere le proprie impostazioni, mai dimenticando di imperniarsi nel costruire la convivenza sulla diversità degli individui e non sulla loro uguale identità.

Oggi il vero nemico dei laici è l’articolato sistema delle burocrazie pubbliche nei vari ambiti  operativi delle strutture. E’ da qui che provengono di continuo gli ostacoli perfino ad applicare le leggi ritenute troppo poco favorevoli alla “supremazia istituzionale”. Il loro fine è favorire anche finanziariamente gli interessi clericali, che danno privilegi pure a loro. Non lo teorizzano, ma lo praticano. Ne sono l’emblema due contenziosi in corso.

L’otto per mille

Uno è la vicenda della mancata applicazione della dettagliata delibera della Corte dei Conti (varata a novembre 2014 e confermata l’anno dopo), che, oltre  avanzare esplicite riserve sulla  legge istitutiva dell’otto per mille, ne criticava  a fondo  la gestione operativa e assegnava precisi termini di qualche mese per rimediare. A quanto si riesce a sapere,  l’amministrazione pubblica ha lasciato quella delibera lettera morta e adopera l’8 per mille destinato allo Stato per altri fini confessionali. Per non parlare della legge istitutiva in sé, nella quale, pur non essendo dichiaratamente contrario nessun gruppo politico, non fa passi avanti la soppressione di una riga (art.47, c. 3 ultimo periodo), che implicherebbe far restare all’erario le quote Irpef non destinate dai cittadini con l’8 per mille a qualche credo.  Una simile inerzia è un prodotto firmato – ancor più nell’era del governo giallo verde obiettivamente priva di personale politico in grado di imporre una linea – dall’atteggiamento vischioso delle strutture ministeriali che favoriscono il clericalismo onde preservare una selva di diffusi privilegi.

L’ICI non versata

L’altro emblema è la vicenda dell’ICI non pagata dalla Chiesa dal 2004 al 2011. Una questione già trattata da Non Credo negli anni scorsi, che rispunta fuori siccome non è tuttora risolta. Gli immobili interessati sono quelli non destinati al culto, mai esentati dalla legge del ’92 e inclusi nell’obbligo tributario da una sentenza della Cassazione del  2004 relativa all’esercizio delle attività commerciali in locali proprietà di congregazioni religiose. Da allora, come scrissi, la galassia paritaria ottenne, dal Berlusconi III e dal Prodi II, la riformulazione della norma ICI, e il decreto Bersani-Visco allargò l’esenzione  alle attività miste. Però l’Europa minacciava sanzioni per i vantaggi fiscali che violavano i Trattati, rilevati dalla Cassazione nella seconda metà degli anni 2000, siccome la minore tassazione è un aiuto di stato. Da qui l’intervento del governo Monti che fece una legge accettabile per l’Europa. L’esenzione si limita all’uso  non  commerciale, altrimenti l’immobile paga l’IMU chiunque ne sia il proprietario. In materia non esistono più i privilegi fiscali della Chiesa.

Ma i tramestii sono ripresi subito, chiaramente fomentati dalle burocrazie, formalmente tecniche ma fulminee nel sollevare obiezioni cavillose. Al punto che la CEI dichiarò che avrebbe pagato quello che lo Stato avesse detto c’era da pagare: una frase molto accorta, che faceva capire come tale indicazione lo Stato non la stesse dando (equivaleva alla frase, non è colpa mia).  Infatti l’Amministrazione dello Stato, vale a dire le alte burocrazie, asseriva l’impossibilità di quantificare le somme dovute  dalle congregazioni per il periodo dal 2004 al 2011, dato che non si era in grado di determinare retroattivamente il tipo di attività svolta nei locali, economica o non economica, e la rispettiva percentuale. L’obiezione venne respinta oltre sei anni fa dalla Corte di Giustizia Europea, ma l’Amministrazione italiana ha fatto finta di niente e continua a non richiedere alcuna riscossione delle somme non versate (l’ANCI calcola ammontino  a circa 5 miliardi di euro). Così a fine primavera la Commissione Europea ha fatto un altro richiamo a Roma perché si decida a riscuotere il suo credito.

Il caso migranti

Non ci sono solo i due esempi precedenti. E’ da tempo in primo piano un terzo grande tema in cui la cultura cattolica presente nei gangli della convivenza  danneggia le istituzioni in quanto viene usata dagli interessi materiali di estesi corpi intermedi a carattere confessionale e sindacale. Quello dei migranti. Sul punto i laici sono stati arrendevoli circa il dilagare di una massiccia confusione concettuale. Una cosa sono i rapporti tra gli individui umani improntati per i laici all’apertura e all’accoglienza, tutt’altra cosa sono i movimenti di massa di decine e decine di migliaia di appartenenti a popolazioni in difficoltà in vari continenti che vengono irreggimentati da organizzazioni non governative per trarne danaro come se si trattasse di rapporti del primo tipo. Una simile confusione è molto pericolosa e mina le radici della laicità.

La convivenza laica non è uno stato di natura. E’ il prodotto di lungo periodo di conoscenze sul campo, di lotte anche cruente, di esperienze sulle relazioni degli individui che vivono negli stessi territori. Che ha permesso di comprendere come il  conflitto secondo le regole ed in base ai risultati ottenuti (vale a dire inscindibile dall’osservazione dei fatti) sia la procedura più feconda per far crescere nella libertà i tenori di vita di cittadini tra loro diversi. Dunque struttura istituzionale disegnata su norme decise e di continuo manutenuta dai cittadini. Sognare  l‘utopia è un atteggiamento estraneo alla laicità. I mutamenti in meglio delle norme e delle condizioni materiali possono venire solo qualora si sia capaci di costruire il loro verificarsi mediante individui vivi ed oggetti reali. Il punto di partenza è rendersi conto che ciascun territorio di un’istituzione ha particolari caratteri di dimensioni e di risorse che, almeno nel breve periodo, determinano il numero massimo di abitanti ospitabili con diritti adeguati.

Allora una improvvisa e significativa variazione della quantità degli afflussi in un territorio può derivare solo da interessi di tipo economico ed ideologico, i quali, per realizzare il loro intento di irreggimentazione, si avvalgono della cultura religiosa strutturalmente propensa ad affidarsi alla fede e ai suoi propagandisti anche per stabilire le regole terrene della convivenza civile, specie se laica. Una simile manovra non viene accettata dai cittadini, comunque legati alle proprie tradizionali abitudini. E siccome siamo in epoca di prevalente pratica democratica, ciò finisce per tradursi nel gonfiare il consenso alla destra sovranista. La quale, per liberarsi di chi l’ha governata male, tende a gettare via anche le strutture  con le quali la convivenza democratica è andata avanti. Il che costituisce un danno ulteriore alla laicità.

Tale situazione si verifica poiché non è realistico affrontare i problemi delle attuali migrazioni epocali – in misura e tempistiche senza precedenti storici –  invasati da concezioni religiose (siamo tutti figli di Dio, sono arbitrari i confini) oppure da teorie fuori del praticabile (salvare in mare chiunque in qualunque condizione, anche quando in mare si è sospinti) oppure estrapolando verso chiunque le previsioni della Costituzione (i commi dell’art. 10 sono riferiti allo straniero al singolare e non sono automaticamente applicabili a casi di massa). Atteggiamenti che, oltre ad essere invasati, non sono compresi dalla grande maggioranza dei cittadini.  Così come, negli esempi fatti all’inizio, poco meno del 90% degli italiani sono a favore, secondo i sondaggi, dell’imposizione fiscale anche sulle congregazioni religiose che esercitano attività commerciali.

Meno remissivi

Tutto questo significa che i laici dovrebbero comportarsi tenendo sempre conto delle conseguenze di quanto vien fatto nel posto ove vivono. Non per adorare quello che scelgono i più e che è alla moda, ma per cogliere – e poi lavorare per sciogliere – i nodi che si formano nel convivere e sono un chiaro ostacolo all’esprimersi della diversità di ciascuno. Dei credenti, non credenti e diversamente credenti.  Perché  una società laica è una società che non impone verità, credi, stile di vita, è una società aperta che garantisce il diritto di tutti e che dunque solo i clericali possono accusare falsamente di attivare guerre di religione contro una o più di esse. In tale quadro, oggi il vero nemico della laica società aperta sono le burocrazie che ostacolano le leggi civili nella sostanza, che non vogliono sperimentare i fatti, e che diffondono ipocrisia nello svolgere le attività pubbliche.  Ad esempio, in Francia, paese che si dice laico prima di tutto, è istruttivo il caso del Comune di Parigi che assegna un’onorificenza alla comandante della Sea Watch mentre in Costa Azzurra e Mentone le frontiere sono rigorosamente chiuse ai migranti.

Il mondo laico, specie nell’odierna società in cui pesano molto i giudizi dei cittadini, non può più permettersi di essere remissivo nei confronti della mentalità burocratica che  opera di continuo contro le norme atte ad attivare i diritti individuali. Non può restare immobile di fronte all’assurdità fatte da chi per religione o per interesse sbandiera di voler vivere all’insegna dell’irreale uguaglianza delle identità personali nel mondo  preferendola all’impegno di costruire gli uguali diritti legali degli individui cittadini come base del vivere insieme in un territorio. Non può dichiararsi a parole a favore della laicità e poi non  praticarla per quieto vivere con i gruppi amicali più potenti che, in nome dei valori della tradizione italiana, privilegiano i clericali e corrodono i diritti del cittadino. Occorre che il mondo laico dia con i suoi comportamenti  un messaggio univoco ai nostri concittadini. Non è più tempo di far prevalere le appartenenze ideologiche. Il progetto laico viene prima di tutto.

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